"ArTour" - Proposte di viaggio nell'Opera d'Arte a cura di Eclario Barone.

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Un intervento della prof.sa Laura Amicone:

 

Una scena di "Furore", con Henry Fonda e John Carradine, il film del 1940 (titolo originale: "The Grapes of Wrath") ispirato al regista John Ford (1895 - 1973) dal romanzo di John Steinbeck (1902 - 1968) dell’anno precedente.

Una scena di Furore, con Henry Fonda e John Carradine, il film del 1940 (titolo originale: The Grapes of Wrath) ispirato al regista John Ford (1895 - 1973) dal romanzo di John Steinbeck (1902 - 1968) dell’anno precedente.

 

*

 

La mamma si trasferì nell’angolo. L’uomo poteva avere una cinquantina d’anni, aveva la faccia smunta, gli occhi spenti e fissi. La mamma domandò al ragazzo:

“È tuo babbo?”

 

La prima cosa che mi è venuta in mente guardando il dipinto di Caravaggio è un libro che ho amato moltissimo, Furore, di John Steinbeck, in cui si ritrovano molte delle opere di misericordia che Caravaggio comprime nello spazio di un vicolo… Lì la generosità di chi non ha nulla si distribuisce su tutta la lunghissima route 66, la strada madre che attraversa il continente nordamericano da est a ovest e che i poverissimi migranti dell’Oklahoma percorrono verso la California durante gli anni della grande depressione. La generosità dei poveri verso i poveri contrapposta alla famelica voracità degli speculatori… la cura dei defunti, l’aiuto a chi ha freddo, fame e sete... fino all’ultima, struggente immagine del romanzo, quella di Rosa Tea che dopo aver partorito un figlio morto, attacca al suo seno inutilmente gonfio di latte un povero vecchio morente (come fa la donna del quadro con il vecchio carcerato). Laura Amicone.

“Sì. Diceva che non aveva fame, oppure che aveva già mangiato, e il mangiare me lo dava a me. Adesso non ha più forza, può appena muoversi.”

La pioggia diminuì d’intensità. L’uomo mosse le labbra e la mamma si chinò e avvicinò l’orecchio e le labbra si mossero di nuovo.

“Certo,” disse la mamma. “Pensiamo noi, state tranquillo, aspettate solo finché ho asciugato mia figlia.”

Tornò da Rosa Tea. “Su, spogliati,” e tenne la coperta in modo da ripararla dalla vista. E quando Rosa Tea fu nuda, la coprì con la coperta sudicia.

Il ragazzo venne di nuovo al fianco della mamma, e spiegava: “Io non sapevo. Lui diceva sempre che aveva già mangiato e che non aveva fame. Ieri sera sono andato fuori, e ho rotto una vetrina e ho rubato del pane. Gliel’ho fatto mangiare, ma l’ha vomitato tutto, e dopo era più debole di prima. Bisognerebbe dargli del brodo o del latte. Avete denaro per comprare un po’ di latte?”

“Zitto, non ti preoccupare. In qualche modo si provvede.”

D’un tratto il ragazzo gridò: “Ma muore, vi dico! Muore di fame!”

“Zitto,” disse la mamma. Guardò il babbo e zio John, che stavano in piedi vicino all’uomo malato guardandolo con occhi impotenti. Poi guardò Rosa Tea avviluppata nella coperta, e aspettò d’incontrarne lo sguardo. Allora le due donne si lessero profondamente negli occhi, e Rosa Tea prese a respirare in fretta e affannosamente.

Poi disse: “Sì.”

La mamma sorrise: “Ero certa!” Si guardò le mani, abbandonate in grembo.

Rosa Tea bisbigliò: “Fai... fai andar via tutti?” e la mamma la rassicurò con un cenno del capo. Ora il suono della pioggia sul tetto era soltanto un fruscio. La mamma si sporse in avanti, allontanò con la mano una ciocca di capelli dalla fronte della figlia e le dette un bacio, poi si raddrizzò e ordinò: “Andate fuori un momento sotto la tettoia, voialtri, tutti.”

Ruth aprì la bocca per parlare e la mamma la zittì: “Silenzio, fuori!” Li sospinse fuori, anche il ragazzo, ed uscì anch’essa per ultima chiudendosi alle spalle la porta cigolante.

Per un minuto Rosa Tea continuò a sedere nel silenzio frusciante del fienile.

Poi si alzò faticosamente in piedi aggiustandosi la coperta attorno al corpo, si diresse a passi lenti verso l’angolo e stette qualche secondo a contemplare la faccia smunta e gli occhi fissi, allucinati. Poi lentamente si sdraiò accanto a lui. L’uomo scosse lentamente la testa in segno di rifiuto. Rosa Tea sollevò un lembo della coperta e si denudò il petto. “Su, prendete,” disse. Gli si fece più vicino e gli passò una mano sotto la testa. “Qui, qui, così...” Con la mano gli sosteneva la testa e le sue dita lo carezzavano delicatamente tra i capelli. Ella si guardava attorno, e le sue labbra sorridevano, misteriosamente.

 

John Steinbeck, Furore, traduzione di Carlo Coardi, Milano, Bompiani, 1979, pp 472 - 474.

 

*

 

Ed ecco lo spiritoso contributo della maestra Cristina:

 

Uno spiritoso omaggio... a Caravaggio, a Eclario e al Prof da parte della maestra Cristina!

Intanto, per iniziare, un omaggio a... Caravaggio! E ad Eclario... per porgergli i miei complimenti per lidea del suo Art Tour;

e sicuramente anche al Prof, che ci avrà messo del suo! Mi sono divertita con unopera che mi ha sempre affascinato, la Medusa, sostituendo il suo viso con il mio, che non è poi molto diverso dal suo (eh eh eh), anche se molto più divertito.

Confido nel sense of humour del webmaster e di Eclario!!! Cristina Ciaffi.

 

 

 

 

 

 

 

 

"Medusa", 1597. Firenze, Galleria degli Uffizi.

"Bacchino malato", 1593 - 1594. Roma, Galleria Borghese (particolare).

"David con la testa di Golia", 1609 - 1610. Roma, Galleria Borghese (particolare).

 

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