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Ricordi Immaginari - Spiegare un Film a un Bambino

 

L’invasione degli ultracorpi

 

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Titolo: L’invasione degli ultracorpi.

Titolo originale: Invasion of the body-snatchers.

Regista: Don Siegel.

Autore del Romanzo: Jack Finney.

Paese di produzione: U.S.A..

Anno di produzione: 1956.

Attori principali: Kevin McCarthy (Miles Bennell), Dana Winter (Becky) Sam Peckinpah (lettore delle previsioni meteorologiche).

Durata: 1h 20’.

 

Lo scrittore

Jack Finney

 

Il regista

Don Siegel

 

Il film

Da quando è tornato a Santa Mira, il dottor Miles Bennell si sente rivolgere dai pazienti e da altri un discorso così sconcertante da fargli temere che soffrano di un disturbo psichico. Dicono, infatti, di non riconoscere più i loro cari, di trovarli diversi: “L’aspetto è lo stesso... Si comportano come al solito...” sostengono. “Eppure sono cambiati... Non sono più come prima!” Dopo un iniziale scetticismo, Miles si convince che c’è qualcosa di vero, decide di indagare e, con l’aiuto della fidanzata Becky, scopre degli strani “baccelli” alieni (i body-snatchers del titolo originale, cioè gli “scippatori di corpi”, che la traduzione italiana ha tramutato in ultracorpi) i quali, mentre gli umani sono immersi nel sonno, li duplicano (li clonano, si direbbe oggi), distruggono gli “originali” e ne prendono il posto nella vita di tutti i giorni. L’orrendo processo dà luogo a copie quasi perfette, ma con una grave mancanza: sono prive di affetti (perché gli Alieni non possono provarne) e non hanno più neanche una briciola dell’immaginazione e della creatività che avevano reso umane le loro vittime. Si comportano, perciò, come “brave” marionette (ubbidienti, impassibili, ordinate), cosa che le rende facilmente riconoscibili. Ma non per questo sono meno pericolose, e Miles non tarda a rendersi conto che l’invasione aliena, se non contrastata, dilagherà al di là dei confini di Santa Mira e porterà alla completa distruzione e sostituzione della nostra specie.

 

Benché girato con mezzi piuttosto “poveri” e in bianco e nero (e ciò nello stesso anno, il 1956, in cui Il pianeta proibito dava inizio alla tradizione di gigantismo scenografico, colori sgargianti ed effetti speciali sempre più sbalorditivi che da allora domina il cinema di fantascienza statunitense) L’invasione degli ultracorpi ottenne un grande successo ed è ancora oggi un film “di culto”: merito, senza dubbio, del fatto che nonostante la sua “povertà” fa davvero paura, poiché l’angoscia che descrive (e che il regista traduce in immagini con grande maestria) è una delle più umane e universali che si possa provare.

Il commento di Luigi Scialanca

 

Pinocchio, si sa, vuole essere un bambino vero. Ma perché lo diventi non basta che la Fata, con un colpo di bacchetta magica, gli doni un corpo umano. Deve prima diventare bravo, cioè deve cambiare “dentro”: trasformare i suoi affetti, le sue idee (cioè la mente) e il suo comportamento rendendoli uguali a quelli che la Fata, Geppetto e il Grillo Parlante considerano gli unici “giusti”, gli unici veri.

 

Immaginiamo che Pinocchio non ci riesca. Ma che la Fata, impietosita, lo tramuti lo stesso in un bambino. Che bambino sarebbe, in tal caso? Un bambino finto: in carne e ossa come ogni piccolo umano, ma “dentro” ancòra un burattino. E continuerebbe a far birbonate e a cacciarsi nei guai.

 

Naturalmente ― e lo abbiamo detto ― il cambiamento che la Fata pretende da Pinocchio (cioè il “modello” di bambino, il “ritratto” a cui gli chiede di assomigliare) può anche non piacerci. Ma ciò non toglie che la Fata, su una cosa, ha ragione: non basta sembrare umani, per esserlo davvero.

 

Il fatto è che l’aggettivo “vero” non è un sinonimo di “reale”. Per essere reale, una cosa deve soltanto esistere. Per esser vera, invece, deve anche avere precise caratteristiche.

 

Una moneta falsa, per esempio, è reale, ma non è certo vera.

 

Per un essere umano, poi, la cosa è anche più complessa: perché davvero sia tale, infatti, dev’essere umano non solo il suo corpo, ma anche la realtà interiore. Se è rimasto umano l’aspetto fisico, ma la mente si è resa anaffettiva, folle, disumana, allora è un essere umano... mostruoso.

 

E questa caratteristica, esclusiva della nostra specie, vale anche per le nostre azioni: per essere ciò che vogliamo essere (un insegnante, un marinaio, un postino, uno studente, ecc.) non basta una laurea, una divisa o andare ogni giorno a scuola a scaldare il banco: si dev’essere veri anche “dentro”. Si deve, cioè, corrispondere a una certa idea di bravo insegnante, o di buon marinaio, o di studente “in gamba”.

 

Non è un vero comandante, diciamo, chi abbandona la nave e scappa. E diciamo così perché abbiamo in mente una certa idea di come dev’essere un vero comandante, “sotto” l’uniforme.

 

Ma qual è la nostra Fata? Chi decide com’è chi è umano anche “dentro”? La risposta è semplice: non solo i genitori, gli insegnanti, gli amici, ma tutti. Chiunque parli, o scriva, o faccia un film... Chiunque ci appaia in un certo modo, si comporti in una certa maniera davanti a noi... Tutti gli umani del mondo, è come se ci dicessero: “Guardami! È così che devi essere, se vuoi essere vero!”

 

“Lasciali parlare” direbbe Lucignolo. “Quando avran parlato ben bene, vedrai che si cheteranno”.

 

E non avrebbe tutti i torti. Poiché siamo noi quelli a cui le immagini che gli altri propongono piacciono o no. Siamo noi che, anche se ci piacciono, ci guardiamo bene dal modellarci su di esse. O che, se anche ci proviamo, non ci riusciamo. Perfino quando immagini e idee vengono... dalle Fate, cioè da chi più amiamo e di cui più ci fidiamo, cioè da quelli a cui più vorremmo riconoscere il “diritto” di decidere se siamo veri o non lo siamo. Poiché sì, sentiamo e sappiamo che non possiamo fare a meno del loro apporto (e forse di nessun altro, o quasi) ma sentiamo e sappiamo che poi siamo noi o nessuno a creare (anche se non dal nulla, ma... dal tutto, umano, in cui siamo immersi) il nostro modo di essere veri.

 

Ne L’invasione degli ultracorpi, però, la questione viene capovolta: Miles Bennell non è come Pinocchio, che non era vero e voleva diventarlo. Al contrario, Miles sa di essere vero, non ne dubita mai, è sicurissimo di esserlo. Sono i suoi concittadini di Santa Mira, che non sono più veri.

 

Sembrano umani. Si comportano come se fossero umani. Ma non lo sono più. E Miles vorrebbe dirlo a tutti, convincere le autorità, supplicarle di fare qualcosa... ma nessuno gli crede.

 

Il fascino de L’invasione degli ultracorpi consiste proprio in questo: non si limita a farci vedere qualche mostro più o meno orripilante, come ogni altro film di fantascienza, ma ce li spiega e ne dimostra la reale possibilità. Mostro, ci dice, è chi sembra umano come noi, ma “dentro” non lo è affatto.

 

Come difenderci, allora? Come riconoscerli, se aspetto e comportamento sono identici ai nostri? L’invasione degli ultracorpi lo spiega e ne dimostra la possibilità: chi non è più umano, chi lo sembra e invece è finto, si riconosce dalla freddezza, dalla mancanza di sentimenti. Dalla mostruosa anaffettività.

 

È la prima e più importante “chiave” che il film ci fornisce: mostro, ci dice, è chi non ha più affetti. Chi non sente più niente, non s’interessa più a niente, non desidera più niente. Chi talvolta, per illudersi di essere ancora come noi, si sforza invano di assomigliarci, di scimmiottarci, ma si vede benissimo che invece non gliene importa niente. Chi talvolta, in cerca delle perdute emozioni, fa cose orribili agli altri o a sé stesso, ma le fa come se niente fosse, come un robot, poiché non sente niente neppure così.

 

E un’altra “chiave”, non meno importante, di questo film straordinario è la scoperta che chi non è rimasto umano si riconosce dalla mancanza d’immaginazione e di creatività. Come si vede dal fatto che loro, gli ultracorpi, non son più capaci di distinguersi l’uno dall’altro, non sanno crearsi ognuno il proprio modo di essere: sono tutti uguali, pensano e dicono e fanno le stesse cose. Sono un esercito di marionette. Che un capo, un leader astuto e determinato, potrebbe plasmare e manovrare come vuole.

 

Allora è Lucignolo, dinanzi a queste due “chiavi”, a dover chetarsi? C’è, alla fin fine, un criterio indubitabile, assoluto, in base al quale, come se tutti fossimo Fate, ognuno può decidere chi di noi è ancora un vero essere umano ― chi è riuscito a rimanerlo, poiché umani veri lo siamo tutti fin dalla nascita ― e chi, purtroppo, è diventato un burattino di legno o, peggio, un ultracorpo?

 

Sì: il criterio esiste ed è proprio quello stabilito da L’invasione degli ultracorpi : affetti, immaginazione, unicità, le tre caratteristiche esclusive degli animali umani, chi è ancora umano sente se in un altro ci sono ancora o meno.

 

Ma Lucignolo non sbaglia del tutto: non è sufficiente che le Fate, come nel film, sentano e dicano se e quanta umanità è rimasta viva in noi: non sarà comunque vero, il loro dire e sentire, finché non siamo anche noi a sentirlo e a dirlo.

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(Le schede di Spiegare un film a un bambino sono per bambini e ragazzi di Quinta elementare, Prima, Seconda e Terza media.

Sono scritte, perciò, il più semplicemente possibile. Ma non sono affatto... semplicistiche.

Vuoi servirtene? Fai pure. Ma non spezzettarle, non alterarle e non dimenticare di citarne l’autore!)

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