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Paolo Landi

 

Volevo dirti che è lei che guarda te

 

la televisione spiegata a un bambino

 

introduzione di Beppe Grillo

 

(Ia ediz. Tascabili Bompiani, febbraio 2006)

 

Bompiani Editore, Milano

 

Volevo dirti che è lei che guarda te

 

     Quanto male fanno le televisioni a tutti noi?     

La copertina del libro.

Alla maestra di mio figlio

Costanza Warning

della scuola Rudolf Steiner

di Conegliano,

che una sera venne a casa nostra,

si rimboccò le maniche

e ci aiutò fisicamente

a rimuovere la tv dal salotto

 

(Dedica dell’Autore)

 

 

Lei guarda sempre come sei perché le piaci, perché lei sa come devi essere. Ti osserva. Ti dà dei consigli da amica. E tu, per non deluderla, sei quasi sempre come lei ti vuole.

 

(Volevo dirti che è lei che guarda te, p. 13)

Guardando la televisione, si ha l’impressione di vedere delle immagini ma ciò che effettivamente si vede è il luccichio fosforescente di circa trecentomila minuscoli punti. Non vi è nessuna immagine.

 

(Una stanza buia, il corpo tranquillo, p. 19)

 

 

Grazie a uno sguardo fisso, combinato con la persistenza dello schermo, gli occhi sono, per così dire, “ingannati” e accettano le immagini come fossero reali. Tutto questo crea le condizioni ottimali per una trance ipnotica.

 

(Una stanza buia, il corpo tranquillo, p. 20)

 

 

Si può scegliere di spegnere la tv, certo. Ma spegnerla vuol dire averla accesa. Ed è sempre più difficile spegnere lo stato di veglia perpetua, artificiale, del nostro cervello assuefatto ai bagliori discontinui e bluastri dei cambi d’inquadratura, allo scintillio rapido che ci ipnotizza.

 

(La cosa bella della televisione è che si può scegliere, p. 22)

 

 

Esistono molti studi scientifici che mostrano come il movimento oculare e il pensiero siano strettamente legati. Gli occhi assumono un’espressione quando la coscienza di chi guarda è sveglia e attiva. Se i tuoi occhi restano fissi come quelli di un sonnambulo, il tuo pensiero è ridotto.

 

(Nello stato di trance in cui ti trovi, p. 23)

 

 

Se sei un bambino sano dovresti muoverti sempre, tutto il giorno. Correre, cadere, arrampicarti, saltare, spingere. Nel movimento si realizza il tuo desiderio di confronto con l’ambiente che ti circonda. Nello stesso modo impieghi i tuoi sensi: devi vedere un albero, devi assaporare una fragola, devi sentire il vento, devi odorare un fiore, devi accarezzare la tua bambola.

Davanti a uno schermo, invece, sei costretto a stare immobile... Devi ricordarti che sapore ha una fragola; devi ricordarti il vento che punge d’inverno e quello che rinfresca d’estate; devi ricordarti un albero, spoglio, con le foglie, secco, rigoglioso...

 

(Se sei un bambino sano dovresti muoverti, p. 25)

 

 

Nessuno dovrebbe mai sedersi accanto a un bambino a guardare la tv, tutti dovrebbero invece distogliere un bambino dal guardare la tv. La televisione non serve ai bambini, sono i bambini che servono alla televisione. La tv è un’istituzione che serve gli interessi delle imprese da cui è sponsorizzata, anche se conviene a chi la manovra affermare che serve invece gli interessi di chi la guarda. Un padre e una madre che non lasciano un figlio solo davanti alla tv e discutono con lui quello che hanno guardato insieme: ecco il massimo dell’aberrazione. Ecco la centralità vittoriosa dell’elettrodomestico che impone perfino gli spunti del dialogo tra genitori e figli.

 

(Nell’attesa di un futuro così, p. 34)

 

 

La televisione ha orrore del silenzio e, per questo, mette in scena le parole. C'è sempre qualcuno che chiacchiera in tv... Se al cinema tutto quello che “è detto” invece di essere mostrato si perde, alla tv funziona esattamente l’opposto: invasa dalle immagini ventiquattr’ore su ventiquattro, la televisione non è mai stata così povera di immagini come oggi. Non sono altro che bocche che blaterano... Il suo oggetto infatti non sono le immagini, ma le parole “mostrate” e “viste”.

 

(Non c’è mai niente di nuovo alla tv, pp 35-36)

 

 

Organi delicati come gli occhi non sono fatti per essere esposti al bombardamento giornaliero della luce fluorescente ad alta energia e con una certa quantità di raggi X dei vari schermi che hanno invaso il salotto di casa. Queste esposizioni improprie li attaccano, li paralizzano, li fanno bruciare. E mentre gli occhi bruciano, anche la tua mente brucia un po’.

 

(Non c’è più soltanto lo schermo della tv, p. 43)

 

 

Non ci si può accontentare di criticare ciò che dice o mostra la tv. Perché verrebbe da pensare che basterebbe farle dire qualcos’altro per girare in positivo la sua negatività. Ma la tv di oggi e i suoi derivati non possono più avere alcun intento pedagogico. Essi fabbricano il pubblico a loro immagine e somiglianza: il loro interesse principale è quello di creare “spettatori” e, in seconda istanza, “spettatori consumatori”.

 

(Dice l’esperto di cyberspazio, p. 48)

 

 

Ma la storia della tv che farebbe compagnia alle persone anziane è una delle più insultanti per la saggezza dei vecchi. Chiunque ha a che fare con una persona anziana sperimenta il suo progressivo distacco dal mondo che la televisione accesa in cucina rende ancora più malinconico. I vecchi ormai, ha scritto Guido Ceronetti evocando un’immagine penosa, farfugliano brandelli d’informazione televisiva.

 

(Se la tv non serve ai bambini, p. 50)

 

 

C’è qualcuno, in questo giro, interessato alla tua integrità, alla tua intelligenza, al tuo benessere fisico e morale? No, non c’è. Le agenzie pubblicitarie convincono le imprese a investire sempre di più in televisione, e le televisioni si propongono alle imprese e alle agenzie come il mezzo migliore per convincere le “teste di consumatori” a comprare.

 

(Già, la pubblicità, p. 54)

 

 

Ecco, bisognerebbe avere questa consapevolezza quando si guarda la tv: è tutto finto, è tutta un’illusione, dai puntini luminosi che creano le immagini alle informazioni su chi guarda o ha guardato la tv, che sono messe insieme a bella posta, per garantire al circo di continuare a vendere i propri numeri, taroccati anche quelli.

 

(È come al circo, p. 57)

 

 

Bello grasso, così piaci alla tv. Lei è come una mamma: ti nutre. Merendine, snack, biscotti e cioccolato: ti rimpinza fino a farti scoppiare – d’amore, s’intende... Così ti propone cibi di tutti i tipi a ogni ora del giorno. Cibi che, associati allo stare seduti e immobili e ai piccoli stress adrenalinici provocati da quel che si guarda, fanno diventare presto obesi. La tv vuole che tu cresca in fretta. Quando la guardi, la tua melatonina cala. La melatonina è un ormone che regola i ritmi del sonno e determina i tempi dello sviluppo sessuale. La luce bluastra e le onde elettromagnetiche emesse dalla tv provocano conseguenze fisiologiche, riducono la produzione di questo ormone che di solito inizia proprio quando viene buio. Così tu, già bello grasso, cresci più in fretta. A dieci anni maschi e femmine sono già in fase di pubertà precoce...

Una volta l’infanzia era un’epoca della vita per certi versi estranea al mondo reale; un bambino come te era circondato e protetto dagli adulti, che gli nascondevano alcuni aspetti della realtà, perché ritenevano che non fosse ancora emotivamente preparato ad affrontarli... Ma per la televisione la distinzione tra bambino e adulto è una pura suddivisione quantitativa di merci e relative possibilità di acquisto delle stesse... Piccoli adulti obesi... Non c’è più nessun segreto per l’infanzia. Ma senza segreti l’infanzia non esiste più.

 

(Bello grasso, così piaci alla tv, pp 69-70)

 

 

Crescere sani vuol dire fare esperienze, non guardare esperienze fatte da altri attraverso uno schermo.

 

(Aspetta di aver compiuto dodici anni, prima di cominciare a guardare la tv, p. 71)

 

 

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Paolo Landi

Paolo Landi

Paolo Landi

 

Paolo Landi ha pubblicato Manuale per l’allevamento del piccolo consumatore (Einaudi, 2000), Il cinismo di massa (Sperling & Kupfer, 1994), Cosa c’entra l’AIDS con i maglioni? Cento lettere di amore-odio alla Benetton (Mondadori, 1993), Lo snobismo di massa (Lupetti, 1991). Un suo intervento è stato pubblicato nel volume collettivo Caro Enzensberger - Il futuro della televisione, a cura di Alberto Abruzzese (Lupetti, 1994). È stato per qualche anno critico televisivo su vari settimanali. È docente a contratto al Politecnico di Milano. Vive e lavora a Treviso.

 

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