L'immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell'artista danese Viggo Rhode (1900-1976). L'ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.

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diario del Prof (scolastico e oltre)

 

9 ottobre 2006

 

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Promuovete tutti, così si risparmia!

 

Quel che segue non è farina del sacco del Prof, ma bensì la fedele trascrizione di un divertente articolo di Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera di giovedì 5 ottobre... Ogni commento al quale (anche per carità di patria) è del tutto superfluo!

 

La manovra “taglia” i bocciati

“Così risparmiamo sui professori!”

“Riducendo del 10% i ripetenti del 2008 avremo 56 milioni in più. Ma negli ultimi anni è già record positivo: solo il 3% di respinti”

 

Bastava dirgli la formula magica, Briclebrit!, raccontano i fratelli Grimm nella loro celebre favola, e l’Asino d’oro buttava monete d’oro, di dietro e davanti. Mica male, si devono esser detti i cervelloni della legge finanziaria. E per tirar sù un po’ di soldi hanno deciso di puntare anche sui somari.

Scolastici. Evviva: dalla finanza creativa a quella fiabesca. Spiega infatti la pagina 352 del monumentale documentone pubblicato dalla Camera dei Deputati, che uno degli obiettivi del governo, dopo l’innalzamento dell’obbligo di istruzione, è quello di attivare “idonei interventi finalizzati al contrasto degli insuccessi scolastici” con “attività di accoglienza, rimotivazione e riorientamento, nonché l’individualizzazione della didattica in modo da tener conto delle diverse forme di intelligenza e dei diversi stili di apprendimento.” Parole criptiche in burocratese stretto, ma il senso, con qualche fatica, si capisce: visto che si alza l’età dell’obbligo portandola a 16 anni, la scuola deve fare tutti gli sforzi possibili per tirar fuori il meglio dagli alunni. Anche da quelli più zucconi. Quelli descritti da Collodi come “ragazzi svogliati, che avevano a noia i libri e le scuole” e che “diventavano tanti ciuchini.”

Ottimo proposito, se fosse dettato solo dalla premura per i giovani cittadini ciuchi. Ma c’è un risvolto, diciamo così, un po’ meno disinteressato. Aggiunge infatti il disegno di legge che “la conseguente riduzione della permanenza media degli alunni all’interno del sistema determinerà una riduzione della spesa per oneri del personale.” Insomma, spiega Italia Oggi cui va il merito di aver scovato la chicca nella massa cartacea, “meno ripetenti significa meno classi, meno professori, meno bidelli.”

“Meno” quanto? Il documento si avventura sulle cifre: “Al fine della stima del risparmio, è stata considerata una riduzione del 10% del numero dei ripetenti dei primi due anni di corso della scuola secondaria di secondo grado, ammontanti oggi complessivamente a 185.002 studenti. Si ricava così una diminuzione di 18.500 unità per la popolazione studentesca che, considerando l’attuale rapporto alunni/classi, corrisponde a 805 classi; supponendo quindi di poter diminuire il numero complessivo di classi in ragione dell’80% del possibile risparmio, si stimano 644 classi in meno,” con una riduzione di 1455 docenti e 425 segretari, bidelli, custodi e così via “per una minore spesa di euro 56 milioni a decorrere dall’anno 2008, ed euro 18,6 milioni per l’anno 2007.”

Oddìo, non è che sulla scuola sia facile indovinarla. Basti ricordare il caso clamoroso di Franca Falcucci. Ve la ricordate? Faceva il ministro della Pubblica Istruzione e nel 1982 propose alle Camere di inquadrare nel ruolo i precari della scuola. Le chiesero: “Quanto costerebbe?” Rispose: 31 miliardi e 200 milioni. Due anni dopo, nel 1984, l’allora ministro del Tesoro Giovanni Goria dovette ammettere che c’era stato un errore: la norma approvata costava a regime 1580 miliardi l’anno, pari a oltre due miliardi di euro di oggi: 53 volte il preventivato.

Da cosa gli ideatori del nuovo estroso dribbling finanziario abbiano tratto stavolta la previsione su questa riduzione dei bocciati non è chiaro. Esclusa l’ipotesi del pendolo e dei fondi del caffè, anche il segretario della Cgil-scuola Enrico Panini, che certo non passa per uomo ostile al governo unionista, dice che “forse si rifanno a uno studio del 2001 sugli effetti della riforma di Luigi Berlinguer, che aveva portato l’obbligo a 15 anni e aveva avuto tra le conseguenze una certa riduzione del numero dei respinti.” Forse. Ammette però, ridendo, che “può darsi che abbiano fatto una botta di conti.” E assicura: “Nessun insegnante, in ogni caso, può accettare l’idea di avere la manica larga perché così fa bene alle casse dello Stato.” (E nessun insegnante ― commento del Prof ― può essere così tonto da promuovere più facilmente per il gusto di farsi licenziare meno difficilmente! Neanche quelli di noi che hanno votato per l’Unione, e che ― come disse Berlusconi ― proprio per questo non possono essere che dei c... apoccioni!)

Anche perché, diciamolo, la Scuola italiana è già di manica larga. Sempre di più. Prendiamo la licenza liceale. Spiega l’Annuario Statistico che nel regio anno scolastico 1888-1889 gli studenti del terzo anno di liceo classico furono licenziati, cioè promossi, nell’86% dei casi. Ma si trattava di un’élite. Ai primi esami di maturità dopo la riforma di Giovanni Gentile, nel 1924-25, con una platea di candidati decisamente più affollata, solo il 25% fu promosso. E un quarto di secolo dopo, agli esami di maturità del 1951-52, i bocciati furono il 28,4%.

Da allora la percentuale non ha fatto che calare. Merito di generazioni studentesche più sveglie e più studiose? Mah... Fatto sta che già nel 1970-71 i respinti erano precipitati al 9,4%. E hanno continuato a scendere, scendere, scendere. Fino ai record di quest’anno, quando, secondo l’Istituto nazionele per la valutazione del sistema educativo di istruzione (Invalsi), i ragazzi bocciati sul filo dell’ultimo esame sono stati 3 ogni cento. Certo, nei primissimi anni delle medie superiori, i numeri sono diversi.

Sostiene il rapporto ministeriale “La Scuola in cifre” che gli studenti costretti a ripetere l’anno (straordinario l’eufemismo politically correct del dossier che parla sempre di “non promossi”) sono stati nel 2003-04 il 16,8% al primo anno, il 13,1 al secondo, il 12,5 al terzo. Concentrato in larga parte negli istituti tecnici e professionali. Dove la quota di bocciati è rispettivamente doppia (15,3%) o quasi tripla (19,3%) rispetto ai licei (7,3%). Ma è comunque dimezzata rispetto a venti anni fa. Quando forse i professori erano un po’ meno bonari. E a nessuno veniva in mente di dire Briclebrit! sperando che gli asini buttassero monete d’oro...

 

Il Prof ci tiene a precisare che a lui, personalmente, la Finanziaria non sembra poi così accia. Ma non c’è niente da fare, sembra proprio um destino cinico e baro: sulla Scuola, anche nel migliore dei casi... casca sempre l’asino! E intanto ― sempre a proposito della Finanziaria ― ecco la lettera dell’insegnante Valentina Sergio, pubblicata oggi, mercoledì 11 ottobre, dal quotidiano La Repubblica:

 

“Insegno matematica e sono sensibile ai conti, specialmente se non tornano. Bene, ecco alcuni dei conti che riguardano la Scuola nella nuova Finanziaria.

1. Non aumenteremo a trenta gli alunni per classe, ma solo dello 0,4% sulla media nazionale. Sembra un’inezia, ma dove ci sono pochi bambini (isole, montagna, ecc.) l’aumento non ci sarà per motivi fisiologici, mentre nelle città e periferie urbane l’incremento sarà più che sensibile.

2. Dicono che la media degli alunni italiani per ciascun docente è la più bassa d’Europa. Nel calcolarla, però, vengono considerati come docenti anche i ’distaccati’ a vario titolo (quelli ― nota del Prof ― che il buon Fioroni incautamente proponeva di far tornare obbligatoriamente a scuola, vedi il Diario del Prof del 7 settembre) nonché gli insegnanti di sostegno.

(...) Confesso che mi ero un po’ emozionata quando, nel primo “faccia a faccia” Prodi-Berlusconi, l’attuale primo ministro ha parlato degli insegnanti e di restituire loro dignità.”

 

Per finire, una notizia (forse) buona. Il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, intervistato per La Repubblica da Roberto Mania, martedì 10 ottobre ha testualmente dichiarato:

“Si potrebbero investire nella Scuola le risorse del Tfr (il Trattamento di fine rapporto, cioè la liquidazione) destinate all’Inps... Penso a un grande progetto di investimenti materiali, ma soprattutto immateriali. Penso che quelle risorse possano servire per gli interessi nazionali, a cominciare dal bisogno che c’è di puntare sulla formazione dei giovani. Questa è una scommessa per tutti. (...) E insisto: per dare un segno politicamente e socialmente più forte alla manovra, per parlare a tutti i ceti produttivi, alle imprese, ai settori più dinamici del Paese, bisognava, e bisogna, puntare sulla Scuola, cioè sul futuro.”

 

Sarà ascoltato? Almeno in questo caso, vien proprio da sperare che il governo ― come sostiene l’opposizione ― sia davvero nelle mani della Cgil! Purché, però, le parole di Epifani non si riferiscano solo al problema degli stipendi degli insegnanti. Che sarà anche un problema importante ― lungi dal Prof l’idea di negarlo! ― ma non è affatto il principale problema della Scuola! Prima degli stipendi, infatti, ci sarebbe da provvedere alla messa in sicurezza di tutta l’edilizia scolastica italiana, alle risorse per la didattica (dai computer e dai laboratori linguistici, giù giù fino al materiale di cancelleria) e soprattutto a restituire ai bambini e ai ragazzi italiani le ore di insegnamento loro “sottratte” (con destrezza) dalla Moratti (a mai più rivederla, gentile signora!) E, una volta per tutte, si dovrebbe cancellare l’insana idea di “fare cassa” a spese della qualità della formazione dei nostri figli! Ma “idee” come quella di accrescere dello 0,4% il numero degli alunni per classe (e quella da Paese dei Balocchi di “bocciare” meno “ciuchini” per poter licenziare un po’ d’insegnanti e di bidelli) non sembrano andare, purtroppo, nella direzione auspicata da Epifani...

L'asinello è d'oro: bisogna promuoverlo!

Per Padoa Schioppa

e Fioroni l’asinello è d’oro?

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