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Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca

 

Riconosci i falsi Insegnanti

 

I testi contenuti in queste pagine sono di fantasia: ogni apparente riferimento a persone reali o realmente esistite è del tutto casuale!

 

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3. La Capra Giuliva

 

La Capra Giuliva

 

La Capra Giuliva (Capra iucunda communis) non è come la Strega. Non si tura il naso quando entra in classe, non ti guarda come se fossi una velenosa escrescenza, una colonia di batteri in un interstizio fra le mattonelle del pavimento. E nemmeno, come il Grande Muro Nero, viene ogni giorno ad arenare dinanzi a te la sua carcassa senza sguardo, funebre spoglia leviatanica che la risacca dell’orario scolastico agita mollemente sulla soglia della classe come per dissuaderti dal diventare adulto. La Capra Giuliva non ce l’ha con gli alunni né con altri: non è capace di far male a una mosca! Il suo inconscio e invisibile odio per te ― ben accetto, purtroppo, a chi fra i tuoi compagni ha già perduto l’amore e il desiderio di conoscenza ― lo manifesta in un solo modo: non insegnando. Non spiegando. Non capendo un’acca. Non perché non voglia ― come quelli che lo fanno apposta, pieni dodio per l’intatta capacità dei bambini e dei ragazzi di appassionarsi a qualcosa, di desiderare e pretendere delle risposte ― ma semplicemente perché non può. Perché niente sa e niente capisce.

 

Ignorante come una capra, ma assai più sciocca ― poiché le capre, almeno, sanno far le capre meglio di chiunque altro ― la Capra Giuliva sa così poco che non sa neanche di non sapere. Che le manchi ben più che qualcosa, che la sua mente sia più vuota del deserto di Gobi, che dalla bocca non le escano che ovvietà e rimasticature... non le passa nemmeno per l’anticamera del cervello, benché anche quella sia sgombra da tempo come il resto dell’appartamento! Solo i vani ma aggraziati svolazzi delle sue manine di cera e lo scolorirsi, per un attimo, delle sue pupille quando sente parlare di una delle infinite cose che ignora (o, nel Capro ― variante maschile non rara ― l’altezzoso dimenarsi delle invisibili corna, come per districarle da invisibili rami) tradiscono ogni tanto l’immane fatica psichica che il continuare a ignorare la propria ignoranza le costa.

 

Eppure le càpita spesso di sognare di andare a scuola impreparata, senza aver fatto i compiti, ridicola scolaretta in un corpo da insegnante sempre troppo grosso per il suo cervellino, interrogata da spietati colleghi che fingono di non riconoscerla, di non vedere che il tempo degli esami per lei è finito da un pezzo. Essere smascherata per l’insipiente che è, ecco il suo incubo peggiore! Ma la paura che la scoprano è così grande che appena si sveglia dimentica tutto, si disfa della scomoda scoperta notturna come di un capello caduto sul cuscino e in un baleno è di nuovo lei: spensierata, ilare, elegante, ignara ed inutile, la Capra è pronta a tornare a insegnare tutto quello che non sa con l’immenso impegno e la totale abnegazione con cui talora la vedi scartabellare i manuali, i test, i questionari, le dispense e tutte le infinite carabattole pseudopedagogiche con cui ogni sorta di agenzie culturali intossicano e confondono fino allo stremo le Scuole d’ogni ordine e grado lucrando economicamente o ideologicamente sui sensi di colpa che l’ignoranza, nei Capri Giulivi, per quanto bene la dissimulino anche a sé stessi, di quando in quando inevitabilmente scatena.

 

Allegra, gentile, perfino affettuosa, la Capra Giuliva può sembrarti innocua, forse addirittura piacerti. Solo dopo che l’avrai lasciata, nei tuoi studi successivi, misurerai i danni che ti fa. Come le gravi malattie che s’acquattano nell’organismo senza che l’ospite se ne accorga, avanzando per anni e anni piano piano, silenziose, e scatenandosi solo quando ormai è troppo tardi per curarle, l’ignoranza che la Capra ti sta inoculando ti si rivelerà alle Superiori o all’Università, quando i tuoi compagni o colleghi ― nelle materie che lei (o lui) finge d’insegnarti ― ne sapranno e capiranno molto più di te e ti lasceranno indietro. Allora timpegnerai con tutte le tue forze, studierai come un matto dalla mattina alla sera, per colmare le buche piene di fanghiglia che la Capra, con gli zoccoletti posteriori, sta giulivamente scavando nella tua preparazione affinché tu v’inciampi e t’inzaccheri o un domani vi finisca dentro a gambe all’aria. Ma sbigottito ti renderai conto che certi ritardi non si recuperano, che certi saperi e metodi bisogna apprenderli al momento giusto, prima che il cervello cominci a sfoltire le decine di migliaia di connessioni che negli emisferi cerebrali dei Capri Giulivi sono indubbiamente inutili, ma che a te servirebbero e come!

 

Poiché la Storia, le Scienze o la Storia dell’Arte si possono studiare a qualsiasi età, ma per l’Italiano, le Lingue, la Matematica, se non metti delle buone fondamenta quando è il momento, solo baracche di cartone e di plastica potrai costruire e abitare in futuro, quando la Capra Giuliva spiluzzicherà una pensione meritatamente magra e tu senza lavoro o precario starai lì a domandarti angosciato come mai, di tanti anni di scuola, nella mente e nel cuore non ti sia rimasto altro, a parte i mille doni dei migliori fra i tuoi compagni, che i pochi sprazzi d’intelligenza, di serietà e d’affetto di due o tre insegnanti al massimo.

 

Sai qual è la grande fortuna della Capra Giuliva? Che le viene permesso ― da dirigenti, sindacalisti e ministri non meno ilari di lei ― di fare della Scuola un mondo alla rovescia: dove non è chi non sa a interrogare chi sa, ma chi sa (o dovrebbe sapere) a interrogare chi non sa. Come se il negoziante bussasse alla porta del cliente per far la spesa in casa sua, o il medico s’infilasse in pigiama nel letto dell’ammalato e pretendesse di farsi curare da lui! Ma tu, sei hai coraggio, provaci lo stesso! Prendila quando meno se l’aspetta, e con tutto il rispetto prova a interrogarla tu, la Capra Giuliva. Per esempio, se insegna Italiano, mettile sotto al naso a bruciapelo una poesia di Montale e chiedile di aiutarti a capirla. Se insegna Tedesco, chiedile se le è piaciuto L’uomo senza qualità, o che cosa ha letto di Peter Handke. Se insegna Matematica, suggeriscile di iscrivere la classe alle Olimpiadi di matematica per gli studenti che si tengono ogni anno in Italia e nel mondo... Oppure, se non sei così audace, domanda a te stesso se l’hai mai veduta con un libro in mano o una rivista scientifica o letteraria, se vi ha mai parlato di una questione intellettuale che in quel momento l’appassionava, se l’hai mai udita discorrere di qualcosa di un po’ più interessante delle mille minuzie di bassa cucina scolastica che in molte scuole sembrano il solo argomento di conversazione possibile tra (una parte de)gli insegnanti. O anche, e soprattutto, se ti ha mai detto qualcosa che ti abbia fatto sentire capito, aiutato o anche solo incoraggiato ad affrontare più validamente i tuoi problemi.

 

Ma se non sa niente ― ti starai domandando a scuola cosa fa? È semplice: ripete. Recita, lieta e compunta ― come le bimbe di una volta quando la mattina di Natale declamavano una poesiola davanti alla famiglia riunita ― le filastrocche imparate a memoria tanti anni fa, quando anche lei fu vittima di falsi insegnanti e non seppe lottare per non finire con l’assomigliargli. Segue pedissequa il libro di testo senza nemmeno guardarlo ― come una pecorelle ne segue un’altra a capo chino, senza mai levare gli occhi da terra ― brucando qua e là sempre le solite erbette, le poche che ormai da una vita conosce per buone. Non le piacciono le novità, non sinteressa ai progressi della ricerca, non si aggiorna, non legge: non vuol sorprendersi a non capirci un tubo! E allora salta a pie’ pari, da brava Capra, pagine e pagine e interi capitoli per paura di non riuscire a spiegarli, di rimanere a bocca aperta davanti a te a grattarsi la zucca. “Insegna” da anni sempre le stesse cose, con le stesse parole, o dettando quaderni su quaderni di appunti sui quali il tempo si è fermato, più immutabili di un testo sacro e pieni di strafalcioni. Ti meravigli che faccia così presto a “spiegarti” una lezione, mentre ad altri, ai veri insegnanti, il tempo non basta mai? Ma lei da spiegare non ha proprio alcunché, è già tanto se ce la fa a parafrasare, storpiandolo, quel che il libro spiega molto meglio di lei! Hai la vaga impressione di non riuscire quasi mai a capirla, di ritrovarti alla fine di ogni lezione confuso e stordito come se ti avessero fumato in faccia un pacchetto di sigarette, di non ricordare, pur avendola ascoltata per ore, un’unica cosa memorabile o anche solo interessante detta da lei? Ma è ovvio che sia così! Poiché la Capra non solo non sa niente, e niente può dire, ma nemmeno è in grado di comprendere di che cosa hai bisogno tu, se hai capito o non hai capito la lezione, quali siano le tue difficoltà, quand’è che bisogna aiutarti e guidarti e quando invece ti si deve lasciar volare da solo dove più ti piace... Non sa cosa sia creare, che effetto faccia dar vita con la propria mente a un’immagine o a un pensiero, è da quando aveva la tua età che non le accade più di avere una qualche forma di vita mentale originale! Non una sola volta in anni e anni sarà capace di proporti un pensiero suo, una sua scoperta, un frutto anche minuscolo di una personale ricerca: l’ultima fu la tesi di laurea, e anche allora non ricercò un bel niente: si limitò a leggere e a riassumere quel che altri avevano studiato e scritto, a compulsare con la massima diligenza e il minimo di partecipazione emotiva e intellettuale la bibliografia che il docente Capra Giuliva anch’egli, ma gonfio come un otre di sapere altrui mai digerito le aveva imposto per fare una Capra anche di lei.

 

Quanto le piace, in compenso, alla Capra Giuliva (nelle sue giustamente malpagate ore di lezione, quando i veri insegnanti ― malpagati anch’essi per colpa sua, poiché i Capri, sempre sul chi vive, si battono a spada tratta contro ogni timido tentativo di riconoscere e premiare, nella Scuola, l’impegno e il merito ― rispondono alle tue domande, tentano di capire i tuoi problemi, ti rivelano ciò che non sai, ti narrano e ti spiegano il mondo) come le piace far lavorare te al posto suo! Come le piace interrogarti attività necessaria che i veri insegnanti tuttavia detestano, ma che per lei è gratificante, poiché la rassicura che l’ignorante sei e sarai sempre soltanto tu! Gli esercizi contenuti nei libri di testo non le bastano mai, ma niente paura: lei ne ha altri, se li porta da casa, l’importante è metterti a lavorare, chino sul banco per tutta l’ora come un amanuense (mai al computer, per carità!, i Capri lo odiano: quando sentono parlare d’intelligenza, sia pure artificiale, cominciano subito a scalciare e a dar cornate) in modo che neanche tu abbia tempo e modo di fare una ricerca, di sviluppare un pensiero personale, di porle delle domande alle quali non saprebbe rispondere, di metterla di fronte al fatto che niente sa e niente ha da dirti. Come la amano i produttori e venditori delle migliaia di povere fotocopiatrici che in pochi mesi lei estenua fino all’implosione!

 

E tutto questo senza cattiveria, poiché la Capra Giuliva in buona fede non sa che ti danneggia, ti deruba, ti priva di tutto ciò che tu hai il diritto di ricevere dalla Società per mezzo della Scuola! Povera Capra Giuliva! Lei stessa una vittima, chi le ha mai detto o almeno lasciato intuire che cosa siano davvero la ricerca, lo studio, l’immaginazione, la comprensione, il pensiero e infine il sapere e il saper spiegare, senza i quali un insegnante non è un insegnante ma un millantatore? Di tutto ciò l’hanno tenuta all’oscuro fin da quando era piccola, da graziosa bambina che era ne hanno fatto una capretta e poi una caprona, e lei non ha trovato la forza di opporsi, si è lasciata sospingere verso questa amara derealizzazione come a un destino ineluttabile, e ora appassisce a poco a poco nelle aule e nelle sale-professori come una piantina trascurata che qualcuno, lassù, chissà dove nello stolto e malefico empireo dove da anni si programma la rovina della Scuola pubblica ― insiste però a portarsi dietro, a trasferire da una classe allaltra per puro sadismo, per il perverso piacere di vederla sfiorire e avvizzire giorno per giorno in mezzo alla polvere. Perciò, di tutti i falsi insegnanti, la Capra Giuliva è la sola che talvolta se non ride troppo, se non si dà troppo da fare con aggraziate e tuttavia ripugnanti manine, lisce come se fossero finte, o non dimena troppo le corna altezzose per farti credere di avere una testa muove a compassione il collega di buon cuore nonostante i danni che ogni giorno e ogni anno la vede inconsapevolmente fare.

 

Dovresti, per arrivare a capirla fino in fondo, avere il dono dell’invisibilità e seguirla un giorno o l’altro fino a casa sua. Lì, son sicuro, la prima cosa che noteresti è la sua biblioteca...

 

Guarda!” ci diresti, da quel bravo e generoso bambino o ragazzo che sei. “Guarda quanti libri che ha! Ti sbagliavi, non è un’ignorante! Non è una Capra!

 

E noi, allora, avremmo l’ingrato dovere di aprirti gli occhi. Di dirti che quel centinaio di libri, che sarebbero ottimi nella casa di qualsiasi onesto lavoratore, in quella di un insegnante non sono un fico secco. Di farti notare che un terzo di essi risalgono ai tempi in cui la Capra era all’Università, e per di più son così disparati che si capisce subito che le son rimasti sul gobbo perché troppo obsoleti per riuscire a venderli. Che un altro terzo sono testi scolastici ricevuti dai rappresentanti e ammucchiati negli scaffali ad attendere invano di essere passati in rassegna. E che il resto è una collezione di tutti i peggiori best seller degli ultimi trent’anni, avuti in dono da amici e parenti che la conoscono poco o poco se ne curano, e quasi tutti intonsi o letti solo in parte. Poiché la Capra non legge, mai. Non comprerebbe una rivista scientifica o letteraria neanche se la pagassero per farlo. Perfino i quotidiani, da qualche anno, l’affaticano troppo. Ma lei, innocente e giuliva, non se ne preoccupa, non si accorge che sta già iniziando ad affondare nella desolata palude dell’analfabetismo di ritorno, non si permette di scoprire che di leggere ad alta voce un testo che non conosce non è più capace senza farci una meschina figura: di leggere non ha il tempo, poverina, e la sera è troppo stanca, le si chiudono gli occhi dopo poche righe. Ma in estate recupera, come no! In vacanza, ogni giorno che Dio manda in terra potrai vederla scendere in spiaggia con un libro in mano! Solo che poi non riesce mai ad andare oltre le prime righe, povera Capra, perché le vicine d’ombrellone non fanno che cicalare. E quando alla fine la smettono e si assopiscono, be’... allora è stanca, sfinita dal sole, riesce solo a metter mano per qualche minuto alla Settimana Enigmistica e poi s’addormenta anche lei.

 

Ma i libri non sono tutto!” protesti tu, da quel bravo e generoso bambino o ragazzo che sei. Forse non legge, d’accordo, ma in compenso ama la musica, l’arte, e va ai concerti, alle mostre, oppure dipinge o scolpisce o compone lei stessa. Forse è un’artista, non una Capra! E gli artisti, si sa, amano più creare che studiare! Oppure va al cinema, o vede in televisione i capolavori dei grandi registi! O lavora al computer, fa ricerche su Internet, si costruisce nella testa un libro memorabile!

 

Sarebbe bello, bambino o ragazzo mio, ma purtroppo non è così! Vedi forse degli strumenti musicali, in questa casa? Vedi delle raccolte di dischi? Vedi dei pennelli e delle tele? Vedi apparire sullo schermo del computer qualcosa di diverso dai soliti giochini? Niente di tutto ciò. Solo il televisore, quello in effetti c’è. Lo senti? L’ha acceso appena è entrata, e acceso lo terrà finché andrà a dormire. Ma fino all’ora di cena lo guarda assai poco, perché ha tanto da fare: le faccende di casa se è una Capra; trastullarsi e ciondolare di qua e di là se per colmo di sfortuna è un Capro; o, tutt’al più, correggere le centinaia e centinaia di compiti, di verifiche e di esercizi che t’impone per impedirti di far domande, e che dopo, a casa, s’impone di correggere affinché le tengano la mente occupata impedendo anche a lei di porre domande a sé stessa. Che è poi il medesimo scopo a cui in questa casa è adibita la tv: che è sempre accesa non per essere guardata, non per essere ascoltata, ma perché il flusso continuo di parole che dagli altoparlanti si dipana penetri insensibilmente nelle orecchie e nel cervello e vi simuli la presenza di un pensiero che invece non c’è. Che non può esserci, poiché nessuno ha mai insegnato alla Capra Giuliva a pensare. Poiché non è altro ciò che la Capra Giuliva in buona fede chiama pensare che un affastellarsi gli uni sugli altri di mozziconi d’immagini subito abbandonate, di frammenti di pensieri subito interrotti, di ansie e preoccupazioni insolubili, di lampi di frustrazione rabbiosa, di ottusi rimuginii di offese immaginarie. E anche questo, ahimé ― perfino questo! ― da gran tempo, ormai, a poco a poco lo sta sostituendo il borbottio che arriva dal televisore insinuandole nel cervello un’apparenza di pensiero che invece è solo un rumore di fondo insensato, un girare e macinare e girare a vuoto da povero criceto in gabbia sulla sua ruota, un ruminìo che pian pianino, senza che nessuno se ne accorga, prepara un altro futuro buon posto di lavoro per una povera badante dell’Europa dell’Est o dell’Africa subsahariana.

 

Interrogali tu, mettili in difficoltà, mettili in crisi, i poveri Capri Giulivi! Non startene lì a poltrire sul banco, non trastullarti e distrarti, non abbrutirti con il lavoro che dovrebbero fare loro! Obbligali con le tue domande e i tuoi problemi a rimettersi a studiare, a fare ogni giorno un po’ di compiti, a ritrovare in sé stessi i bambini e i ragazzi che tanto tempo fa avevano ancora vivo il desiderio di sapere! Solo così, aiutandoli e forse salvandoli, se sono ancora in tempo ― per quanto pazza ti sembri l’idea che debbano essere gli allievi a far studiare i maestri ― renderai umano il tuo esser costretto ad aver a che fare con loro e impedirai a te stesso di finire un brutto giorno con l’assomigliargli.

 

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"Il Settimo Sigillo", di Ingmar Bergman (1957): coi falsi insegnanti è meglio non danzare!

Coi falsi insegnanti è meglio non danzare!

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