ScuolAnticoli

Libera Scuola di Umanità diretta da Luigi Scialanca

 

L'immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell'artista danese Viggo Rhode (1900-1976). L'ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.

La Terra vista da Anticoli Corrado

nel giugno del 2015

 

(Questa pagina segue dalla homepage. I post più recenti li trovi ).

 

Vuoi andare ai post del mese precedente, maggio 2015? Clicca qui!

Vuoi andare all’Indice di tutti i post precedenti dal 2002 a oggi? Clicca qui!

Home

 

*

 

ScuolAnticoli si prende qualche settimana di riposo:

arrivederci, se tutto va bene, ai primi di agosto!

(Forse non tutti immaginano, infatti, che aggiornare ScuolAnticoli richiede da un minimo di due a un massimo di otto ore al giorno di lavoro, tutti i giorni: almeno una volta l’anno, dunque, un po’ di riposo ci vuole proprio!)

Buona Estate a Tutte e a Tutti!!!

 

*

 

(Lunedì 15 giugno 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

*

 

(Lunedì 8 giugno 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

*

 

Massimo Fagioli

La violenza che rende pazzi

Ancora una volta un uomo ha ucciso una donna e si è ucciso. Ma questa volta a Riofreddo, a pochi chilometri da Anticoli Corrado, distruggendo una famiglia i cui figli hanno frequentato, nella sede di Riofreddo, lIstituto comprensivo di Arsoli di cui anche il plesso di Anticoli fa parte. Siamo tutti sconvolti, è stato una giornata di immenso dolore. Per aiutarci a capire, e a reagire, ScuolAnticoli ripubblica l’intervista che lo psichiatra Massimo Fagioli concesse a Left il 5 novembre 2010.

(Lunedì 8 giugno 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

*

 

(Martedì 9 giugno 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

*

 

In questi mesi sto rileggendo e riordinando tutto ciò che ho scritto da quand’ero ragazzo a oggi: narrativa, saggistica, articoli... migliaia di pagine, separate talora da decenni e da infinite vicende.

È un viaggio nel tempo, talvolta pieno di dolore, altre volte di gioiosa meraviglia: non tanto perché riaffiorino ricordi che non sapevo più di avere, quanto soprattutto perché rivivono, intensi, gli affetti, a tal punto che per settimane (con tutto me stesso, tranne purtroppo che nell’aspetto fisico) mi ritrovo nei miei 16 anni, poi nei 24, poi nei 36, e in ogni epoca son di nuovo con coloro che amavo e odiavo, e mi ritrovo ad amarli ancora, ma... con tutta la nostalgia di chi non odia più.

È come affrontare un’interminabile tempesta in mare aperto, nel mare sconfinato dei sessantaquattro anni che ho compiuto oggi: una tempesta che va avanti da mesi, con dolci tregue in isole bellissime, e poi di nuovo in balìa di ondate gigantesche, così violente che ognuna mi riempie di paura che sia l’ultima.

Poiché rileggersi è bello, quando facendolo si realizza finalmente la certezza di aver scritto bene. Ma ritrovarsi in quel che si scrisse non è sempre altrettanto bello, o almeno è talora così doloroso che la bellezza ne è in parte offuscata.

Mi imbarco, di solito, poco prima di dormire, già a letto, così che il sonno venga presto a interrompermi... o forse non reggerei.

Ieri sera, dunque, riletti alcuni sogni del 1978, ho avuto voglia, anziché di spegnere la torcia e chiudere gli occhi, di fumarmi un’ultima sigaretta in soggiorno, al buio, davanti alla mia immensa vetrata sulla Valle dell’Aniene. E così ho fatto.

Mi son seduto, ho acceso la sigaretta, mi son voltato verso la notte e... ho visto una stella cadente!

Grande, anche.

Come faccio da quand’ero bambino, prima che svanisse, in una frazione di secondo, sono riuscito a esprimere un desiderio, tra me e me.

Sùbito dopo, ho capito il perché di questa usanza: il tempo dell’apparizione di una stella cadente è troppo breve ― e la sua caduta troppo imprevedibile, se non è la metà di agosto ― perché la razionalità cosciente possa entrare in funzione, organizzarsi e dettare la sua volontà. L’evento è così inatteso, e così rapido, che se qualcosa fa in tempo a venirti in mente puoi star certo che viene “dal cuore”. Cioè dallirrazionale profondo (ovviamente, positive o negative che siano, in quell’istante, le condizioni in cui versa).

Ecco perché si esprime un desiderio, quando si vede cadere una stella: non perché si creda sul serio che esso si realizzerà, ma per scoprire cosa si desidera davvero!

Qual è stato il mio desiderio? Non ho motivi per non dirvelo: stanotte si è espresso in un nome.

Poi ho guardato l’ora. E ho scoperto che la stella era caduta, e il desiderio mi si era rivelato, all’incirca, nel quarto o nel quinto minuto del mio sessantacinquesimo anno. Cinquant’anni dopo l’inizio dell’estate del 1965, e a quarant’anni dalla fine dell’estate del 1975.

(Lunedì 8 giugno 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

*

 

Clicca qui per leggerlo in .pdf o qui per leggerlo in .doc.

Tragicamente spesso, in molti Paesi, i fondamentalisti religiosi danno fuoco alle scuole e uccidono gli alunni e gli insegnanti.

Lo fanno, proclamano, per impedire che le bambine e i bambini ricevano un’istruzione “occidentale”. Per impedire, cioè, che ricevano un’istruzione laica.

Questi crimini mostruosi, e le loro mostruose “motivazioni”, ricordano non tanto alla lontana quel che accadde in Italia dopo il 15 luglio 1877 (centotrentotto anni fa, non millenni) quando la Sinistra, da poco al potere con il primo governo di Agostino Depretis, su proposta del ministro Michele Coppino varò l’istruzione elementare obbligatoria.

Sedici anni prima, nel 1861, all’alba dello Stato unitario, gli analfabeti erano il 78% della popolazione, e i semianalfabeti quasi la metà del restante 22%. La legge Casati del 13 novembre 1859 (voluta da Gabrio Casati, ministro del Regno di Sardegna, ed estesa al Regno d’Italia dopo il 1861) aveva stabilito la gratuità dell’istruzione primaria, l’obbligo per i Comuni di provvedere a loro spese al primo biennio della scuola elementare e l’obbligo per i padri di fornire ai loro figli dei due sessi l’istruzione che vien data nelle pubbliche scuole, avvisandoli che altrimenti sarebbero stati puniti a norma delle leggi penali dello Stato. Ma ai Comuni aveva anche concesso di finanziare le scuole in proporzione alle loro facoltà, e per i padri inadempienti non si era accorta (o non aveva voluto accorgersi) che nei loro confronti le leggi penali dello Stato non contenevano, invero, la benché minima sanzione1.

Dal 1861 al 1871, tuttavia, grazie alla legge Casati, gli iscritti alle scuole elementari pubbliche e private erano passati dal 54 al 67% dei bambini tra i 6 e gli 11 anni. Ma il numero degli alunni effettivamente frequentanti era assai minore di quello degli iscritti, poiché i genitori, soprattutto nelle campagne, per sopravvivere avevano bisogno del lavoro dei figli fin dalla più tenera età. E per questo (e per la scarsa efficacia della scuola elementare, soprattutto nei luoghi dove durava solo due anni) la diminuzione dell’analfabetismo stava invece procedendo molto più lentamente.

Dopo il 1870 si diffuse dunque l’idea che fosse opportuno imporre l’obbligo scolastico alle famiglie mediante sanzioni fissate in modo preciso. E si giunse, così, alla legge Coppino del 1877, che stabilì l’obbligo della frequenza del primo biennio della scuola elementare per i bambini d’ambo i sessi dai 6 ai 9 anni e fissò le ammende per i genitori inadempienti ribadendo d’altra parte i doveri delle amministrazioni comunali.

Contro l’istruzione obbligatoria si erano battuti i cattolici intransigenti, preoccupati per lo sviluppo della scuola pubblica. Bisogna sapere, infatti, che fino al 1864 ― come mostrò l’inchiesta voluta da Carlo Matteucci, ministro della Pubblica Istruzione del primo governo Rattazzi ― ben i due terzi dei maestri elementari pubblici erano preti. Ma poi, grazie all’incremento delle scuole magistrali, i maestri laici erano diventati la maggioranza; e i cattolici, temendo che la scuola pubblica divenisse sempre più laica, sostenevano che l’obbligatorietà avrebbe costretto i genitori ad affidare i figli a una scuola che sempre più si sarebbe ispirata a principi contrari a quelli della Chiesa. Al punto che nel 1874, a Venezia, il primo congresso cattolico italiano aveva approvato, contro l’insegnamento elementare obbligatorio, una mozione che lo dichiarava contrario ai sacri doveri e diritti della patria potestà!

Come si vede ― quasi non fossero intanto trascorsi centotrentotto anni ― le “idee” dei fondamentalisti nostrani di allora erano identiche a quelle dei fanatici di oggi.

Due, pertanto, erano i nemici dell’istruzione delle bambine e dei bambini italiani: da un lato la miseria, per la quale le famiglie contadine, cioè la maggioranza della popolazione, erano costrette a far lavorare i figli nei campi o a mandarli in fabbrica lontano da casa; e dall’altro l’estremismo religioso, che faceva leva sull’ignoranza e la superstizione (che la miseria alimentava, e che a loro volta alimentavano la miseria) per far sì che neanche le nuove generazioni crescessero libere dall’una e dalle altre.

Un bellissimo quanto doloroso libro edito da Rizzoli nel 2003, Prima della quiete, di Elena Gianini Belotti ― autrice che molti ricordano per un famoso saggio del 1973, Dalla parte delle bambine ― racconta a questo proposito la storia tragicamente vera di una giovanissima maestra, Italia Donati, che il primo giugno del 1886, a ventitré anni, si suicidò gettandosi in un torrente nei pressi del paesino di Porciano, in provincia di Pistoia, dove insegnava dal settembre del 1883.

Erano anni, quelli ― narra la scrittrice ― in cui l’istruzione appariva ancora un lusso inconcepibile, una pretesa scandalosa, un’ambizione colpevole che non suscitava che biasimo e invidia. Anni in cui le figlie dei contadini, come Italia, già a nove anni potevano essere mandate a lavorare nelle filature di seta, dove le preferivano per le loro dita minuscole, abili a tirare il capo del filo di seta dei bozzoli, ma le pagavano meno di un terzo delle adulte. Dove lavoravano dodici ore al giorno, sabato compreso, in piedi su un panchetto, in modo che arrivassero alle vasche d’acqua bollente in cui i bozzoli erano immersi, mentre le mani ustionate si coprivano di piaghe sanguinanti che non guarivano mai. Bambine (vi rendete conto?) come quelle che oggi frequentano le nostre terze e quarte elementari. E che ancora oggi, se si fosse fatto come pretendeva il primo congresso cattolico di Venezia del 1874, non avrebbero diritto all’istruzione e continuerebbero a venir massacrate nelle fabbriche per pochi centesimi. Come accade, in effetti, in molte parti del mondo globalizzato.

Ma la legge Coppini del 1877, affidando l’istruzione elementare ai comuni, aveva lasciato le maestre in balìa dei sindaci e dei consiglieri comunali, che molto spesso, nei piccoli paesi, altro non erano che tirannelli senz’arte né parte, tanto rozzi e meschini quanto maligni e prepotenti. Solo nel 1911 le scuole elementari passarono allo Stato. Ma le cose non migliorarono granché, e soprattutto le maestre, in quanto donne, continuarono per molto tempo a subire ― oltre la miseria e il fanatismo religioso dei contadini, che spesso li inducevano a tenere i bambini a casa per settimane e per mesi, a disprezzare l’istruzione e talvolta a incendiare le miserabili capanne che fungevano da scuole e a scacciare gli insegnanti dai paesi ― anche le calunnie, le offese e le violenze dei datori di lavoro. Come scrisse Matilde Serao sul Corriere di Roma del 25 giugno 1886, poche settimane dopo la morte di Italia Donati, in un articolo intitolato Come muoiono le maestre ― è sempre Gianini Belotti che ce lo racconta ― al nord come al sud l’elenco delle vittime non finisce mai: dalla giovane insegnante che per disperazione si butta dal campanile della chiesa a quella che si avvelena con i vescicanti2; da quella che muore di fatica e di fame per tornare a piedi dalla famiglia, camminando digiuna per decine di chilometri, dopo che la scuola il comune l’ha chiusa per mancanza di soldi, a quella uccisa dal tifo perché abbandonata da tutti e ritrovata morta dopo una settimana, a quella che si ammala e muore di tisi dopo lunga agonia a causa dell’accanimento di anni dell’intero paese contro di lei.

La maestra Italia Donati, ventenne, entrata in servizio a Porciano nel settembre del 1883 ― solo centotrentotto anni fa, quand’erano bambini i nonni di chi è nonno oggi ― sotto minaccia di licenziamento fu costretta dal sindaco Raffaello Torrigiani ad accettare di risiedere, anziché in paese, nella sua abitazione, dove già abitavano la moglie e l’amante di lui. E i paesani e perfino gli scolari, imbeccati dai genitori, per tre anni la sottoposero per questo a maldicenze e dispetti continui ― anche dopo che ella ebbe trovato la forza di sottrarsi al ricatto ― che a poco a poco ne vinsero la resistenza e la spinsero al suicidio. Era ancora quasi una bambina anche lei, per la prima volta lontana dalla famiglia in un’Italia in cui una donna che osava tentare di realizzarsi e di provvedere a sé era considerata alla stregua di una prostituta; e benché fosse forte, intelligente, determinata (non avrebbe resistito così a lungo, altrimenti) l’odio con cui un’intera comunità la ripagò dei suoi sforzi per dare alle bambine e ai bambini un futuro migliore di quello dei genitori ebbe ragione di lei e la schiacciò. Potete leggere tutta la storia in questo doloroso e bellissimo libro, Prima della quiete, di Elena Gianini Belotti. E vi consiglio di farlo.

Le insegnanti e gli insegnanti come Italia Donati, o come quelli che i fanatici religiosi massacrano oggi ― le insegnanti e gli insegnanti che cercavano e cercano di portare l’istruzione alle bambine e ai bambini che altri condannavano e condannano all’ignoranza e alla superstizione ― non avevano e non hanno dubbi sull’infinito valore di ogni essere umano. Ma il sindaco di Porciano, che approfittando del proprio potere tentò di violentare una ragazza di vent’anni, che valore dava agli esseri umani? E quale valore hanno gli esseri umani per chi incendia le scuole e ammazza gli alunni e i docenti in nome di Dio? La risposta è semplice quanto tragica: nessun valore. Poiché ciò che permette di sentire davvero tale valore, anziché fingere di sentirlo sproloquiando più o meno ex cathedra su di esso, non è la fede in Dio.

(lunedì 8 giugno 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com


[1] Traggo questi dati, e i testi in corsivo che li contengono, dalla Storia dell’Italia moderna di Giorgio Candeloro, pubblicata a Milano nel 1978 dall’editore Feltrinelli. Questi brani, in particolare, vengono dal terzo capitolo del sesto volume, dedicato agli anni dal 1871 al 1896.

[2] Medicinali per uso esterno che producono un forte afflusso di sangue e la vescicazione della parte della cute sulla quale sono applicati, favorendo in tal modo la decongestione di organi profondi.

 

*

 

Perché blocchiamo gli scrutini?

Perché? Semplice quanto tragico. Perché un insegnante, una volta tramutato in un galoppino, in un servile portaordini del pensiero unico governativo (controllato e sorvegliato da funzionari più alti in grado, all’uopo accuratamente scelti in modo che non debbano neanche essere addestrati) non sarà più (almeno in cattedra) un essere umano, ma una marionetta. E i bambini e i ragazzi italiani, pertanto, che fino a oggi avevano dinanzi a sé degli esseri umani, talvolta imperfetti, certo, ma umanamente e affettivamente reali, da settembre in poi (fatta eccezione per le individuali resistenze che singoli o più docenti potranno mettere in atto, ma che a ogni modo, per quanto generose, determineranno nella Scuola un’acuta, continua conflittualità non certo positiva per gli alunni) si troveranno di fronte delle finzioni, dei pappagalli ammaestrati, in una parola: dei nessuno. E dinanzi a dei nessuno, ora dopo ora, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, sperimenteranno la più spaventosa e devastante delle delusioni: quella di chi cerca un essere umano, almeno uno, che s’interessi, capisca, spieghi, aiuti, e con sua immensa tristezza e rabbia non incontra altro che statue: le statue inanimate dei finti docenti della finta Scuola renzista. Abbandono di minori o no, dunque?

(Giovedì 4 giugno 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

*

 

(Lunedì 1° giugno 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

*

 

(Lunedì 1° giugno 2015. Luigi Scialanca, scuolanticoli@katamail.com).

 

*

 

Vuoi andare ai post del mese precedente, maggio 2015? Clicca qui!

Vuoi andare all’Indice di tutti i post precedenti dal 2002 a oggi? Clicca qui!

*

 

*

Questo sito non costituisce testata giornalistica, non ha, comunque, carattere periodico ed è aggiornato secondo la disponibilità e la reperibilità

dei materiali. Pertanto non può essere considerato un prodotto editoriale ai sensi della L. n. 62 del 7/3/2001... Clicca per continuare a leggere.

 

*

 

L’immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell’artista danese Viggo Rhode (1900-1976).

L’ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.

 

*

 

Torna in cima alla pagina     Il diario del Prof: puntate precedenti     Home