L'immagine di sfondo di questa pagina, raffigurante piazza delle Ville ad Anticoli Corrado, è un dipinto dell'artista danese Viggo Rhode (1900-1976). L'ha segnalata a ScuolAnticoli il signor Peter Holck. Rielaborazione grafica di Luigi Scialanca.

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diario del Prof (scolastico e oltre)

 

febbraio 2012

 

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venerdì 24 febbraio

 

La Corte europea dei Diritti Umani all'unanimità condanna l'Italia per i respingimenti in mare...

 

Una bella notizia... incompleta

 

Qualche volta perfino La Repubblica dà buone notizie. Peccato che siano spesso incomplete. Il 24 febbraio, per esempio, è stato bello leggere quanto segue: Crolla il muro dei respingimenti in mare. Bocciato l’accordo italo-libico firmato dal governo Berlusconi. La Corte europea dei diritti umani all’unanimità condanna l’Italia per i respingimenti indiscriminati verso la Libia. Per i giudici di Strasburgo il nostro Paese ha violato il divieto alle espulsioni collettive e il diritto dei migranti a presentare ricorso presso un tribunale. Il governo italiano dovrà pagare 15.000 euro a testa a 22 profughi africani come risarcimento dei danni (due ricorrenti sono deceduti nel tentativo di raggiungere nuovamente l’Italia). (...) Non solo. Sempre all’unanimità la Corte ha condannato l’Italia per aver “disubbidito” al divieto di espulsioni collettive (è la seconda volta in 60 anni che uno Stato viene condannato per questa violazione) e per non aver concesso ai migranti un ricorso contro la decisione del respingimento (Vladimiro Polchi, La Repubblica, venerdì 24 febbraio 2012).

 

Felicità! I nazisti e i razzisti dal moccichino verde e berluscisti hanno avuto (almeno in parte) quel che si meritano! Ma... perché, allora, anziché godere e festeggiare, lamentiamo che la notizia sia incompleta? Semplice. Perché La Repubblica ieri, dopo averla appresa, è andata a intervistare il Maroni (il cui commento ci ripugna riferire) ma si è guardata bene dal telefonare ai finti sinistri che ai respingimenti plaudirono.

 

Poco male, tuttavia: dove non c’è La Repubblica c’è ScuolAnticoli! Che alla medesima rammenta che sulle sue stesse pagine, nel 2009, si poté leggere quanto segue:

 

Piero Fassino: Il respingimento degli Immigrati non è uno scandalo, si è fatto anche nel passato quando eravamo noi al governo (La Repubblica, sabato 9 maggio 2009).

 

Francesco Rutelli: Sono favorevole ai respingimenti. Basta con le ipocrisie (La Repubblica, martedì 12 maggio 2009.

 

Sergio Chiamparino: Difendo i respingimenti, chiedo confini blindati. Basta con la sinistra degli snob. La mia linea sugli immigrati clandestini coincide con quella di Fassino” (La Repubblica, giovedì 14 maggio 2009).

 

Enrico Letta, Filippo Penati e Giorgio Merlo: Le idee di Chiamparino sono di buon senso (Enrico). Se il vertice del Partito democratico non discute di questi argomenti fa un grave errore (Filippo). Chiamparino ha interpretato i sentimenti di molti elettori. E parlo dei nostri, non dei leghisti (Giorgio) (La Repubblica, sabato 16 maggio 2009).

 

Quanto al fatto che quell’accordo italo-libico sarebbe stato firmato dal governo Berlusconi, c’è chi la ricorda diversamente. Armando Spataro, per esempio, ottimo procuratore aggiunto di Milano, intervistato da La Repubblica il 13 settembre 2009, disse: L’accordo con la Libia per i respingimenti è un gravissimo errore del governo Berlusconi ma anche di quello presieduto da Giuliano Amato, che firmò l’accordo.

 

Come mai, dunque, il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari (massimo comun divisore della Sinistra italiana), una volta appreso che la Corte europea dei Diritti Umani ha condannato i respingimenti, non ha pensato bene di andare a sentire anche le reazioni dei finti sinistri? Forse perché son gli stessi finti sinistri, ieri filoberluscisti, oggi filomontisti, che La Repubblica porta, come si suol dire, in palma di mano contro la segreteria Bersani, contro i giovani dirigenti (davvero) di sinistra del Partito democratico e contro la stragrande maggioranza della base elettorale stessa del partito?

 

Pensiamo proprio di sì, cari repubblichini che non siete altro! Immodestamente lo ripetiamo: meno male che c’è ScuolAnticoli... Che però sarebbe a sua volta (e gravemente) incompleto se lasciasse fuori dalla lista dei finti sinistri pappa e ciccia col Maroni il precursore e il capo di tutti loro: quel Veltroni Walter che alla fine del 2007, gridando In Italia cè un problema Rumeni!, in un sol colpo si liberò del tabù (come lo chiamerebbe lui) dellarticolo 27 della Costituzione della Repubblica (che stabilisce che la responsabilità penale è personale), sdoganò il razzismo all’interno del Pd e diede al secondo governo Prodi la prima delle due picconate con cui restituì l’Italia al berluscismo.

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domenica 19 febbraio

 

 

Tutti (i finti sinistri) contro Bersani

(+ qualche non finto, ma assai distratto...)

 

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Ben lo descrive Giommaria Monti, condirettore, su left ora in edicola: Lo chiamano l’abbraccio mortale di Scalfari. Fu così con Mario Segni (ve lo ricordate?), fu così con Occhetto (ve lo ricordate?), fu così perfino con Prodi (ce lo ricordiamo) e con Franceschini. Ogni volta che il fondatore di Repubblica faceva proprio un baluardo politico, le cose non si mettevano bene per l’interessato. (...) E non si tratta di jella, quella è una sciocchezza malevola. Ma di (...) quella che i filosofi chiamavano eterogenesi dei fini (= conseguenze non intenzionali di azioni intenzionali). Devono stare tranquilli quindi i dirigenti del Pd, della componente che proviene dai Democratici di sinistra. Cioè quella maggioritaria. Hanno Scalfari contro, quindi hanno buone possibilità di vittoria. L’ultima intemerata del giornalista è rivolta contro chi nel Pd vorrebbe trasformarlo “in un partito socialdemocratico sullo schema del partito socialista europeo”. Una cosa impensabile per Scalfari, tanto da sollecitare una risposta del segretario Bersani (che, vale la pena di ricordarlo, viene dal Pci-Pds-Ds e forse con l’idea socialdemocratica ha ancora qualcosa a che fare). E il segretario ha risposto: non siamo in cerca di un Dna. Ma il fondatore di Repubblica (il giornale-partito che cerca di condizionare le scelte del centrosinistra, possibilmente in chiave anti Bersani) ce l’ha soprattutto con quella componente più battagliera che sta emergendo nel Pd attraverso giovani dirigenti che hanno un’idea assai poco conservatrice del centrosinistra: Andrea Orlando, Stefano Fassina, Matteo Orfini, Stefano Di Traglia... (Left, venerdì 17 febbraio 2012).

 

Le cose stanno proprio così, e lo conferma il fatto che la campagna de La Repubblica contro Susanna Camusso e contro Pier Luigi Bersani continua: sabato 18 febbraio, preparando il terreno per l’indomani, con un articolo del Merlo Francesco in cui il segretario del Partito democratico viene descritto come incapace di fare il suo mestiere e forse ormai nessun mestiere...tristemente inabile al ruolo di conduttore... patetico, nel suo stare fuori posto... “postvitellone”... impacciato e inadeguato alla leadership del Paese; e l’indomani, domenica 19 febbraio, con un’intervista a tutta pagina al Veltroni Walter proposto come un grande leader e incoraggiato (oltre che ad attaccare Susanna Camusso e la Cgil, definita un santuario del no) a descrivere Bersani come incapace di discutere di cose serie e promotore di un Pd come macchina del potere.

 

La domanda è: perché? Se Bersani è davvero il Romolo Augustolo che un bullesco editoriale del Massimo Comun Divisore della Sinistra italiana (=Scalfari) è sufficiente a intimidire, o il patetico vecchietto che perfino un Merlo, come una sadica badante, può permettersi di insultare, o il grigio burocrate reazionario fantasticato da Walter Gabrielino D’Annunzio Veltroni ― insomma: se Pier Luigi Bersani è davvero la mezzasega che quei tre esperti in materia descrivono ― perché tanto accanimento contro di lui?

 

Risposta in forma di domanda: forse perché Bersani è invece così in gamba (per esempio, nel selezionare giovani dirigenti come quelli citati da Left) da costituire ancora oggi (pur dopo l’ascesa dei cosiddetti tecnici) il maggiore ostacolo vivente (e sottolineiamo vivente: attento Pier Luigi, durante i comizi, ai riflettori troppo potenti sparati negli occhi, e manda qualcuno a informarsi su cosa sia davvero successo a Lula, a Kirchner e a Chavez...) alla soluzione finale di quella che per il naziliberismo globale è l’anomalia italiana di una Sinistra ― culturale, politica, sindacale ― non ancora del tutto blairizzata?

 

Questa è la mia analisi: il vero obiettivo del golpe soft che in men che non si dica ha fatto il Monti senatore e premier, più che il Berlusconi (che il violento attacco dei cosiddetti mercati ai titoli Mediaset sarebbe bastato e avanzato ad addomesticare) era Pier Luigi Bersani. E con lui i giovani dirigenti di cui sopra. E con loro gli Italiani (davvero) di Sinistra che speravano di ritrovare un partito degno di questo nome nel Pd che cominciava a uscire dagli anni bui dei Rutelli, dei Fassino, dei Veltroni.

 

Col berluscismo in caduta libera nei consensi, con le elezioni del 2013 in avvicinamento o magari anticipate (e prima di esse col semestre bianco durante il quale i poteri d’intervento del presidente della Repubblica si riducono al lumicino), Bersani stava per diventare il capo di un governo la cui componente fondamentale sarebbe stata la sinistra (di gran lunga maggioritaria) del Partito democratico. Questo volevano a ogni costo impedire (compreso, se il golpe soft non fosse riuscito, il ricorso alla violenza di una guerra economica totale come quella in corso contro il Popolo greco?) le forze di cui il Monti, la Fornero e il Passera non sono che i consenzienti, legnosi, grotteschi burattini ― questo volevano i potenti veri: il Trichet prima e il Draghi poi della Banca centrale europea, le agenzie di rating manovrate dalle tirannie finanziarie globali (Goldman Sachs, Jp Morgan, Morgan Stainley), le destre naziliberiste europee capitanate dalla führerin Angela Merkel, il pastore (anche lui) tedesco Joseph Ratzinger e, in Italia, il pervasivo reticolo industrial-finanziario-politico-editoriale-mediatico italoamericano, dalle finalità (fino a oggi) poco chiare, che il Napolitano intesse da quando era “il ministro degli Esteri” del Pci e l’intimo amico tanto di Craxi (e Berlusconi) quanto di Kissinger: impedire un governo Bersani e far crollare e implodere il Pd coinvolgendolo in una politica antidemocratica, questo volevano.

 

Individui e forze per i quali il Berlusconi (da essi incoraggiato e sorretto per quindici anni, senza troppo parere, facendolo appoggiare dalla sempre servizievole destra del Pd) rappresentava ormai un ostacolo e un pericolo non, come fanno dire ai loro vari utili-Scalfari, perché a causa sua stesse crollando il credito finanziario e politico dell’Italia (tant’è vero che a far poi calare lo spread non sono state le stoccate da maramaldo del Monti ai Pensionati e ai Lavoratori, già atterrati dal trio Tremonti-Sacconi-Brunetta, né tanto meno la sua cosiddetta sobrietà, ma i 490 miliardi che la Bce ha elargito alle banche e che avrebbe potuto elargire anche prima) ma perché dinanzi a un Berlusconi, fino ai primi di novembre del 2011, il solo detentore della (vera) sobrietà e della (vera) competenza (vere, sì, non pompate dai media, e soprattutto vive, realizzate vivendo, e non per gelida “autosottrazione” razionale come quelle del Monti) era e appariva proprio Pier Luigi Bersani; ed era a lui, infatti, a Bersani, che sempre più si volgevano gli Italiani sempre più nauseati dalla protervia e dalle buffonate berlusciste.

 

Contro Bersani, dopo che il Veltroni si è definitivamente dimostrato quello che è, i pastori amerikano-tedeschi e nostrani e i loro servi editoriali e mediatici hanno tentato di tutto ― gli hanno contrapposto i Vendola, i Renzi, lo hanno minacciato coi Penati, lo hanno insultato, irriso, fatto sparire dalle tv e dai quotidiani ― ma niente è valso: Pier Luigi Duracell Bersani è rimasto in piedi e ha continuato a marciare imperterrito, e con lui i giovani dirigenti che di giorno in giorno si son fatti coraggio e han cominciato a restituire ai finti sinistri colpo su colpo, e con loro gli Italiani (davvero) di Sinistra che i Rutelli e i Fassino, i Fioroni e i Veltroni (e ci scusino le scartine per non averle citate) avevano profondamente deluso perché proprio questo erano stati incaricati di fare: deludere, confondere e far impazzire. Perciò i pastori (convinti che Noi si sia pecore) sono arrivati al golpe (soft?) e adesso ordinano ai loro utili-Scalfari e utili-Merlo d’impazzire di rabbia per conto loro: perché neanche il golpe ha funzionato, i mesi passano, le elezioni del 2013 si avvicinano e Bersani è ancora in piedi. E sta in piedi da solo (e coi suoi giovani dirigenti, e coi milioni di Italiani che non vedono una gran differenza tra l’arroganza berluscista e la prepotenza delle tirannie finanziarie globali ― gli Italiani che da un loden e un trolley non si lasciano far contenti e canzonati più di quanto si sian fatti incantare dai capelli finti del Cavaliere): sta in piedi perché sente noi ― questo soprattutto fa rabbia a lor signori ― e non, come il Monti, perché sente l’invisibile palo d’acciaio su cui l’1% più ricco del mondo lo ha impalato fin da bambino.

 

È ora, io penso, che se ne accorga anche la Sinistra iper-delusa che al Partito democratico continua a pensare secondo i luoghi comuni che la destra e la finta sinistra le istillano, attraverso i media, approfittando della sua ridotta affettività, della sua ridotta capacità d’attenzione e delle sue crescenti difficoltà di pensiero ― problematiche tipiche dei delusi e umiliati e offesi, certo, ma alle quali si reagisce o ci si tramuta in offensori: nel Partito democratico è in corso una battaglia dalle cui sorti dipende non tanto se l’individuo Pier Luigi Duracell Bersani resterà in piedi o meno ― buon per lui, ma l’importante non è quello, alla fin fine ― quanto soprattutto se resterà viva in tutti Noi la speranza di una trasformazione vera dell’Italia: diversa dalla grottesca degenerazione antropologica berluscista, certo, ma anche dal “sobrio” e feroce robottismo anaffettivo a cui una certa lucida follia vorrebbe razionalmente rieducarci.

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